MERCATO. OPERATORI, STRUMENTI E LUOGHI NELL’ITALIA DEL NOVECENTO VOL. VIII, N. 1 (2017)
Editoriale

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Cataloghi: storie soluzioni e prospettive
vol. XI, n. 1 (2022)

Questo numero vuole offrire una riflessione critica sulla storia e il ruolo della catalogazione come strumento di organizzazione del sapere e di tutela dei beni culturali, anche attraverso un’analisi dell’evoluzione dell’inventario da ‘lista delle cose’ a strumento digitale di valorizzazione e comunicazione di una collezione, riflettendo inoltre sull’importanza del catalogo come forma di ricognizione individuale e/o di rappresentazione collettiva.

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Il documentario d’arte in Italia
Vol. IX, n. 1 (2018)

Cristina Casero - Sara Martin - Federica Veratelli Editoriale Full Text Federico Longari Solazzi Il cinegiornale come mezzo di propaganda: Varo e viaggio inaugurale del Conte di Savoia della compagnia Italia di Navigazione (1930) L'articolo propone un confronto tra un...

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Gli archivi del corpo
Dossier 5 (2019)

Gli archivi del corpo Gaia Clotilde Chernetich Introduzione Full Text I. Gli archivi del corpo fra danza, letteratura e drammaturgia (XVIII e XIX secolo) Paolo Russo Dall'opera al ballo e ritorno: Cesare in Egitto nell'Italia napoleonica Lo studio esamina le dinamiche...

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di Federica Veratelli 

Da tempo, la rivista Ricerche di S/Confine ambisce a divenire strumento di raccordo tra le diverse anime dell’Unità di Arte, Musica e Spettacolo del DUSIC (Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali) dell’Università di Parma. Attraverso un approccio multidisciplinare, l’interesse della rivista è volto alla creazione di mappe, che con uno sguardo attento al passato, siano in grado di veicolare inedite interpretazioni del presente in diversi ambiti delle scienze umane. Animato da queste premesse è anche questo ultimo numero, dedicato alla storia del mercato dell’arte in Italia. 

Come testimoniato da una bibliografia complessa e stratificata, si tratta di un ambito ormai storicizzato e materia d’interesse sia per gli storici dell’arte — ai quali si apre un mondo di oggetti diversificato nelle forme e nei contenuti —, sia per gli storici tout court, della cultura, dell’economia, della legislazione, antropologi e sociologi, che ne osservano valori, modelli, significati e atteggiamenti. Alla complessità degli approcci — dalle declinazioni più ampie dei consumption studies, del mercato del lusso e nella sua accezione global —, corrisponde una moltiplicazione dei contesti, che emerge sin dalle analisi condotte sulla prima età moderna. 

Come osserva Guido Guerzoni in Apollo e Vulcano. I mercati artistici in Italia, 1400-1700 (2006), già le corti nord-italiane del Rinascimento costituiscono degli osservatori interessanti, in grado di evocare, non un’unica realtà, ma una costellazione di «organismi vivi», in grado di seguire l’evoluzione di molte variabili, da quelle anagrafiche a quelle politiche (Guerzoni 2006, p. 136). Ecco che l’uso della parola mercato declinato al plurale, mercati, si impone, sin dalla prima modernità, come condizione necessaria per inquadrare una pluralità di situazioni, «una conventio ad includendum, capace di ricomprendere fenomeni eterogenei, analizzabili con metodi che colgono gli elementi distintivi delle diverse forme di governo delle transazioni», oltre alla necessità di estendere il perimetro della ricerca a tipologie di beni e servizi che trascendono la classica triade delle arti del disegno vasariana: la pittura, la scultura e l’architettura (Guerzoni 2006, pp. 30-31). Questo è vero più che mai per un’epoca come il Rinascimento a cui sono stati dedicati studi pioneristici, da Jardine 1996, Welch 2005 e O’Malley, Welch (ed) 2007, tutti debitori dell’analisi condotta da Richard A. Goldthwaite sul modello fiorentino (Goldthwaite 1993) e ai suoi intraprendenti operatori, artisti, artigiani e mercanti, pionieri nell’invenzione e nell’esportazione dei primi oggetti made in Italy (Belfanti, Fontana 2005; e da ultimi Guerrini, Brondi, Rainò ed 2016). 

Ma il caso rinascimentale, sebbene interessante per svariati motivi, non si è rivelato l’unico tentativo di approccio eterogeneo ai mercati dell’arte come oggetti di studio in epoca storica. Dedicatari di volumi e numeri di riviste monografici, i mercati artistici attirano sempre più l’attenzione degli studiosi anche per secoli come il Seicento, il Settecento o l’Ottocento, i quali presentano scenari ugualmente ricchissimi e diversificati, in un dialogo sempre più serrato con le pratiche del collezionismo, della committenza, delle botteghe e della produzione “seriale”. Le ricerche condotte su città significative, come Roma e Venezia, hanno permesso di indagare — attraverso le tracce conservate nelle fonti d’archivio e nella letteratura artistica — la fenomenologia dei mercati dell’arte in relazione ad una vasta tipologia di manufatti (Cecchini 2000), di agenti, mediatori e acquirenti (Lorizzo 2010; Gozzano 2015), senza dimenticare le forme della transazione e l’analisi dei prezzi (Coen 2010), l’esportazione su scala nazionale e internazionale (Capitelli G, Grandesso S & Mazzarelli C ed 2012). 

Il Novecento — considerato nella sua interezza, e come anticamera del terzo millennio e non nella classica abbreviazione di Hobsbawm — si presenta ancora sotto molti aspetti inesplorato, come dimostra la rivista Ricerche di storia dell’arte, che al fenomeno del Surrealismo in rapporto al mercato ha dedicato l’ultimo numero (Nigro A ed 2017). Secolo denso di profonde trasformazioni, evoluzioni, crisi, crolli, speculazioni e sconvolgimenti, il XX è anche il secolo in cui lo sguardo agli oggetti del passato si colora di una nuova sensibilità storico-artistica, grazie all’affermazione della storia dell’arte come disciplina accademica. Proprio in Italia, il lungo e faticoso percorso verso la costruzione di un’identità nazionale, sembra passare irrimediabilmente anche attraverso questi oggetti, dei quali, integrati in collezioni pubbliche o private, si cerca di ridefinirne il valore in rapporto agli sconvolgimenti e a nuovi assetti politico-diplomatici in atto. Da ultimo, il caso della collezione di George Wurst ed Henrietta Tower – le cui vicende sono narrate attualmente in una mostra a Palazzo Venezia – rappresenta un esempio straordinario dei complessi intrecci che, all’alba del nuovo secolo, uniscono mercato antiquario, collezionismo e diplomazia internazionale, nei quali l’Italia si colloca come nazione chiave, punto di partenza e porto di approdo (Pellegrini E 2017 ed). 

In questo vivace panorama storiografico, l’organizzazione attorno ad un numero tematico sul Novecento ha imposto delle scelte. In linea con l’approccio interdisciplinare che da sempre la caratterizza, la rivista ha accolto otto proposte che permettono l’osservazione del fenomeno del mercato dell’arte in Italia e dell’arte italiana da vari punti di vista, ma sempre attraverso apporti originali e ricerche condotte su documenti inediti. Il senso di marcia di questo viaggio nel mercato dell’arte è scandito da tre “aggregatori tematici” (operatori, strumenti, luoghi), che guidano il lettore alla scoperta dei vari case studies. 

Luoghi 

La cronologia scandita dai contributi si apre sul finire dell’Ottocento fino a comprendere la contemporaneità, nel momento in cui, soprattutto negli ultimi anni, i rapporti tra arte e finanza, hanno ridisegnato le priorità del mercato artistico (Poli 2011). Proprio dalla contemporaneità trae spunto un’originale intervista a tre voci alle direttrici delle fiere italiane di arte contemporanea (Artissima, Art Verona e Arte Fiera) orchestrata da Valentina Rossi in forma di breve indagine. L’immagine della contemporanea fiera d’arte, rispetto alla sua nascita sul finire degli anni Sessanta, ne esce profondamente mutata e leggibile nella sua duplice essenza di “schiava” e “creatrice” del mercato, ma anche di luogo culturalmente significativo dell’informazione e dell’aggiornamento sulla ricerca artistica contemporanea, un primato spesso sottratto a gallerie e musei. 

Prima dell’avvento, relativamente recente, delle fiere come luoghi indiscussi del commercio, la Biennale di Venezia con il suo Ufficio Vendite (1895-1972) costituiva un’eccezionale piattaforma internazionale. La storia di questa istituzione formulata da Clarissa Ricci attraverso documenti inediti provenienti dall’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale (ASAC) e dall’Archivio Gian Ferrari (Museo del Novecento), ne evidenzia il ruolo chiave nell’Italia del secondo dopoguerra, grazie alla direzione del mercante e gallerista Ettore Gian Ferrari (1908-1982). Sullo sfondo di problematiche istituzionali e l’espansione del sistema galleristico, lo sviluppo e il funzionamento di questo organo straordinario per il commercio (anche internazionale), è indagato dalle origini fino alla sua abolizione, che contrariamente alla convinzione corrente, non avvenne in seguito ai movimenti contestatori del ’68, ma in seguito alla Riforma istituzionale del 1973. 

Strumenti 

Proprio alla realtà internazionale guarda il contributo di Davide Colombo, che analizza la fortuna critica e collezionistica del pittore Leonardo Cremonini (1925-2010) negli Stati Uniti, tra il 1952 e il 1964, attraverso la sua vicenda espositiva ricostruita grazie a documenti inediti. Strumento straordinario in questa vicenda è l’energica attività pubblicistica della gallerista Catherine Viviano, che nel 1950 inaugura a New York una galleria dedicata all’arte italiana, intuendo le potenzialità culturali e commerciali di un “new Italian Renaissance”, possibile solo dopo la fine dell’isolamento fascista e in linea con la nuova retorica della Guerra Fredda. Il caso Cremonini ci permette di osservare, per uno spazio di tempo definito, una contiguità tra crescita del collezionismo museale e privato e quello del valore commerciale delle sue opere. 

Proprio nel complesso rapporto che lega tra loro domanda e offerta, si inserisce l’acuta analisi di Alice Militello sulle riviste specializzate, attraverso il caso della presenza italiana tra le pagine di Art International, in uno spaccato temporale che va dal 1959 al 1963. Nell’affascinante mondo della circolazione delle informazioni, grazie alla sua capacità di fagocitare e restituire notizie diverse, la rivista (1956-1985) getta un ponte tra le due realtà, quella americana e quella italiana, fungendo da termometro per la misurazione degli andamenti del mercato dell’arte e rivelandosi un efficace strumento di supporto, grazie al lavoro continuo di raccordo, tra artisti, galleristi e, soprattutto, collezionisti, come ben emerge tra le sue pagine. 

Su uno strumento, fuori da ogni possibilità di catalogazione, si concentra l’interessante e singolare contributo di Sara Fontana, la quale ricostruisce le vicende legate all’operazione artistica denominata “Banca di Oklahoma”, un’ironica società di capitale con sede a Lugano creata nel 1988 dal poliedrico Aldo Spoldi (Crema, 1950), all’apice dell’immaterialità finanziaria, con l’obiettivo di trasformare l’attività della ditta in operazioni estetiche. L’autrice ricostruisce la serie di metamorfosi che portano l’iniziale casa editrice Trieb, fondata da Spoldi nel 1968 e già tramite per l’acquisto di opere di Andy Warhol e Alighiero Boetti, a coniare (come “Banca di Oklahoma”) i “Brunelli”, monete d’artista di scambio reale firmate dallo stesso Spoldi e da altri per acquistare opere di giovani artisti, fino alle operazioni “finanziarie” più recenti, che risalgono al 2016, in un continuo, cinico e scanzonato scambio economico con le istituzioni. «Si tratta di rispondere al sistema dell’arte con la sua stessa voce scaltra, con i quattrini», avrà modo di affermare lo stesso Spoldi nel 1989. 

Operatori 

In tutti gli articoli, grande importanza riveste il sistema degli operatori del mercato dell’arte, un sistema che pullula di figure affascinanti e contradditorie: artisti, collezionisti, mercanti, agenti, conoscitori, critici e storici dell’arte, galleristi, finanziatori, editori, direttori di fiere e case d’aste. Si tratta di figure, alcune modernissime ed emergenti, altre più antiche e solo in tempi recenti veramente “professionalizzate”. È il caso del connoisseur, una tipologia di operatore catturata nei suoi esordi da Andrei Blizkunov attraverso il caso di Niccolò Renieri (Nicolas Régnier) e la preparazione di un’asta pubblica bandita a Venezia nel 1666. Il percorso tracciato da Blizkunov nel suo saggio ripercorre l’andamento commerciale oscillante delle opere di Ludovico Mazzolino, il quale proprio nel Novecento viene scelto dallo storico dell’arte britannico Francis Haskell (1928-2000) come caso di studio per illustrare la caducità del gusto collezionistico e commerciale per certi Italian Old Masters (Haskell 1980). 

Proprio su certa arte antica, “di nicchia”, nella relazione che unisce le pratiche collezionistiche alle tendenze di mercato, il dialogo novecentesco tra critici, storici dell’arte, collezionisti ed antiquari si fa sempre più stringente, come indicato da Chiara Guerzi nel suo stimolante contributo sulla fortuna delle opere tardogotiche ferraresi di pittura e scultura, che ci regala cammei di operatori inediti, voci discordanti. Come quello dedicato ad un giovane Filippo de Pisis (1896-1956) attivo pubblicista sui giornali locali, preoccupato per l’assenza di adeguati canali di censimento per quelle opere ferraresi «ignorate» o «male classificate» in collezioni private che, nella noncuranza generale, passano dai privati ai mercanti, antiquari e rigattieri «e finiscono coll’andare miseramente disperse». Nel contributo di Guerzi, la storia del mercato si confonde con la storia della tutela del patrimonio artistico, facendo emergere l’altra faccia del mercato dell’arte novecentesco, quella più oscura. 

Ma il Novecento è il secolo che vede la nascita della storia dell’arte come disciplina accademica e l’emergere di un nuovo operatore polivalente, lo storico dell’arte. Giulio Zavatta presenta due expertise inedite provenienti dall’Archivio-Fototeca di Antonio Morassi (1893-1976), storico dell’arte goriziano, ispettore prima presso la Soprintendenza di Milano (1928-1939) e poi Soprintendente alle Gallerie della Liguria (1939-1949), il quale all’interno del mercato nazionale e internazionale di opere di pittura italiana del periodo moderno, come molti suoi colleghi, svolse il mestiere di conoscitore. Dal suo ricchissimo archivio personale emergono vicende attribuzionistiche interessanti, come quelle qui presentate attorno ad opere attribuite a Tiziano e a Correggio. Attraverso lo strumento dell’expertise e del carteggio (tra cui si segnala un inedito longhiano), Zavatta ci illumina su una altra fase oscura del mercato dell’arte internazionale: quello nato dalle confische dei beni degli ebrei nella capitale austriaca, dove vediamo all’opera antiquari senza scrupoli come Ferdinand Nagler (1898-1980) e storici dell’arte del calibro di Ludwig Baldass (1887-1963), e dove l’arte italiana riveste, nell’immediato dopoguerra, ancora un ruolo di primissimo piano. 

Riferimenti bibliografici
Belfanti, C M & Fontana G L 2005, ‘Rinascimento e made in Italy’, in Il Rinascimento italiano e l’Europa, ed M Fantoni, vol. I: Storia e storiografia, Angelo Colla Editore, Venezia, pp. 617-636.
Capitelli G, Grandesso S & Mazzarelli C (ed) 2012, Roma fuori di Roma. L’esportazione dell’arte moderna da Pio VI all’Unità (1775-1870), Campisano, Roma.
Cecchini I 2000, Quadri e commercio a Venezia durante il Settecento. Uno studio sul mercato dell’arte, Marsilio, Venezia.
Coen P 2010, Il mercato dei quadri a Roma nel diciottesimo secolo. La domanda, l’offerta e la circolazione delle opere in un grande centro artistico europeo, Olschki, Firenze.
Goldthwaite R A 1993, Wealth and the Demand for Art in Italy, 1300-1600, Johns Hopkins University Press, Baltimore.
Gozzano N 2015, Lo specchio della corte, il maestro di casa. Gentiluomini al servizio del collezionismo a Roma nel Seicento, Campisano, Roma.
Guerrini A, Brondi B, Rainò M (ed) 2016, Fatto in Italia. Dal Medioevo al Made in Italy, cat. della mostra (Venaria Reale, Galleria Grande della Reggia, 19/03/-19/07/2016), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo.
Guerzoni G, Apollo e Vulcano. I mercati artistici in Italia, 1400-1700, Marsilio, Venezia.
Jardine L, 1996, Wordly Goods, A New History of the Renaissance, W. W. Norton and Co, London.
Haskell, F 1980, Rediscoveries on Art: Some Aspects of Taste, Fashion, and Collecting in England and France, Cornell University Press, Ithaca (NY).
Hobsbawm E J 1994, The Age of Extremes. The Short Twentieth Century, 1914-1991, Michael Joseph, London.
O’Malley M, Welch E S (eds) 2007, The Material Renaissance, Manchester University Press, Manchester and New York.
Lorizzo L 2010, Pellegrino Peri. Il mercato dell’arte nella Roma barocca, De Luca, Roma.
Pellegrini E 2017 (ed), Voglia d’Italia. Il collezionismo internazionale nella Roma del Vittoriano, Arte’m, Napoli.
Poli F 2011, Il sistema dell’arte contemporanea. Produzione artistica, mercato, musei, Laterza, Roma-Bari.
Nigro A (ed) 2017, ‘Il sistema dell’arte nella Parigi dei surrealisti: mercanti, galleristi, collezionisti’, Ricerche di storia dell’arte, n. 121.
Welch, E S 2005, Shopping in the Renaissance. Consumer Cultures in Italy, 1400-1600, Yale University Press, New Haven. 

ARCHIVIO

Gli archivi del corpo – Dossier 5 (2019)
Introduzione

Gaia Clotilde Chernetich Il dossier Gli archivi del corpo si iscrive in un percorso di ricerca e di scambio accademico articolato e ampio che, a partire dagli studi sulla danza, rintraccia i collegamenti che quest’ultima intesse con i temi dei memory studies e con le...

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